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. L'IDEA

Il mercato della fotografia, la sua pratica e la sua stessa fruizione hanno subito una mutazione profonda negli ultimi anni, una constatazione evidente per tutti gli addetti ai lavori che si ripercuote su tutto il mondo della fotografia fotografata, vista, condivisa e parlata.

Ogni passaggio della catena di produzione fotografica si confronta quotidianamente con una crisi sistemica profonda e inevitabile, indotta anche dalla democratizzazione della tecnologia e dei suoi supporti di accesso ai contenuti, e a una crisi economica reale o percepita che ha mutato il senso e il valore della produzione di cultura, assoggettandola alle logiche della mera produzione industriale.

Un insieme di contingenze politiche, economiche e sociali hanno condizionato, senza possibilità di ritorno, gli attori della cultura dell’immagine fissa, comportando una trasformazione dell’uso e della pratica della fotografia amatoriale e professionale. L’immagine fotografica, oltre a perdere gradualmente un’apparenza di veridicità, è sempre più pensata come un insieme di ricordi, informazioni, concetti che possono scorrere su uno schermo diventando un oggetto visivo, che noi chiameremo con un termine improprio “proiezione”, i cui contenuti possono variare in funzione della scrittura che “il narratore-fotografo” sceglie.

L’imporsi nel linguaggio comune di termini come visual story-telling (narrazione visiva) e i conseguenti workshop dimostrano come l’uso delle immagini in sequenza, siano esse su carta o su schermo, sia diventata non più una riflessione esclusiva degli addetti ai lavori ma una necessità condivisa con il grande pubblico.

 

La fotografia, in questo secondo decennio del XXI secolo, ha democraticamente acquisito nella “proiezione” una nuova modalità di espressione che ne moltiplica le potenzialità e ne trasforma l’essenza da rappresentazione di un attimo a racconto legato alla temporalità, aprendo così una serie di riflessioni sul nuovo valore narrativo della fotografia.

L’accesso semplificato ai programmi di montaggio, ormai presenti anche nei telefoni cellulari e sui tablet, ha liberato la fotografia dall’essere un’icona silenziosa dell’attimo permettendole di interagire con semplicità con tutte le altre forme di media (video, suono, musica, parola, grafica, elaborazione digitale, ecc.). Tuttavia non si può prescindere dai tempi che il racconto fotografico presuppone e dalle sue modalità di fruizione che erano, e restano, il libro, la stampa fotografica e l’illustrazione su carta: il fotografo è di fronte alla possibilità di scegliere nuove potenzialità espressive che devono e possono essere indagate.

 

Queste considerazioni hanno reso naturale per noi la necessità di creare un punto d’incontro e dialogo tra il pubblico, gli addetti ai lavori e questi nuovi oggetti fotografici non più statici. I dialoghi “Transizioni” vogliono rappresentare un luogo, un’occasione e un climax in cui poter costruire una riflessione teorica e visiva per porre le basi per un dibattito costruttivo sulle nuove forme di narrazione fotografica.

La “proiezione” su schermo, qualsiasi esso sia, di una sequenza di immagini statiche è diventata ormai un linguaggio fotografico condiviso. Come tale è in cerca di una sua propria costituzione semantica, semiotica e grammaticale che non può prescindere dalla capacità d’integrazione di tutte le altre forme di espressione visiva e sonora. Condizionata dal cinema, dalla pubblicità e dalla televisione, che restano i riferimenti culturali nel montaggio delle immagini, la “proiezione” cerca il proprio spazio all’interno della produzione culturale delle arti visive.

 

Pur non avendo storicamente e concettualmente nulla di straordinariamente nuovo e innovativo nel panorama delle arti visive e dell’informazione, “la proiezione” così com’è praticata oggi si impone nel panorama fotografico contemporaneo come una forma economicamente conveniente per la presentazione di progetti complessi e costosi sia all’interno dei festival sia nella pratica dei fotografi che la usano come promozione delle proprie ricerche più importanti e difficili da inserire nei circuiti del mercato fotografico tradizionale.

La continua semplificazione delle tecnologie e la necessità di innovare un linguaggio non ancora del tutto codificato ha trasformato queste opere fotografiche, comunemente definite multimedia o video, in oggetti culturali indipendenti con un valore assoluto a se stante.

La consapevolezza di una presenza sempre più costante delle “proiezioni”, sia nei media tradizionali sia nei supporti multimediali amatoriali, ci ha interrogati e ci ha indotto a organizzare una serie di proiezioni/dialoghi con l’intento di invitare i professionisti del settore a confrontarsi tra loro e con il pubblico.

In quest’epoca complessa e viva per una fotografia in profonda crisi di identità e senso abbiamo voluto indagare una strada battuta da molti e da molto tempo ma che si presenta ad oggi con una dinamica nuova e con codici in continuo cambiamento. Senza voler essere esaustivi abbiamo voluto cercare delle domande che rappresentino lo stato delle cose e a cui si possano dare delle risposte per le prossime transizioni fotografiche e culturali. 

 

 

Parigi, 16 Ottobre 2014

Francesco Acerbis e Irene Pancaldi

Ancora 1

. THE IDEA

The practice and use of the market of Photography has deeply suffered during the last few years, which is an evident confirmation for all experts that it has implications for all the world of photography; seen, shared and spoken.
Each passage of the photography work’s chain faces inevitable crisis everyday, with a regular and deep effect, because of a dissemination of technology and access to devices by subjects . Furthermore a real or a fake economic crisis has changed sense and value of the cultural creation subjecting it to simple industrial production.

Several political, economic and social events have influenced actors of the fixed imagine culture with no way to comeback, causing a changing of use and practice by amateur and professional photographers. In addition to a gradual loss of an illusory veracity, the photographic image, is thought more of as memories, information and ideas all together as one bocomming just a “show”, whose subjects can change based on the style the storyteller-photographer has chosen to write about.

Prevailing words such as “visual storytelling” in the common language, and its resulting workshops, show how using images in sequence on paper or on screen, become not only a consideration for experts, but a need shared with the audience.
In the second decade of the XXI century, projected photography has acquired democratically as a new expression, increasing its productivity and changing its heart from representation of the moment to a documentation of time. Therefore causing a series of reflections about the new narrative value of photography.

The easy access to editing programs are also in smartphones and tablets already, freed photography to be a silent time icon that can lead to easy interaction with other media (video, sound, music, words, graphic, digital processing, etc.). The understanding of the importance of books, print and papers being the best means of photography is crutial, however, it must choose new expressive ways of making to connect to the audience.

Thanks to this consideration it is normal to create a meeting and exchange point among the audience and experts and this new dynamic of photographic objects. The Transizioni talks want to be a place, an occasion, and a climax where building a theoretical and visual idea is possible and do the ground-work for a productive debate about new ways of photographic storytelling.

Each projection of a static picture has developed into a shared photographic language looking for a semantic, semiotic and grammatical foundation that is connected to other spoken and visual expressions. This has been influenced by cinema, advertisement and television which are the editors’ cultural landmark, “projection” looks for it’s own space in the cultural creation of the visual arts. Projection isn’t a practice with historical and conceptual innovation in the visual arts. Contemporary photography is practiced by photographers as a cheap medium for complex and expensive project’s launch during festivals or to be included in the traditional photographic market. The continuous simplification of technologies and its need to innovate a language not codified yet has turned these photographic works, usually well-defined as multimedia or video, into independent cultural objects with absolute value. There is an awareness about a presence always more constant of “projections”, both thought in traditional media and multimedia devices. So we wondered about it and we organized a projection series/ talks to encourage experts to compare themselves to the audience.

In this complex age for photographers in deep crisis of identity and sense, we wanted to explore a well trodden trail by many people and for a long time but it’s now with a new dynamic and codes in a continuous change.We wanted questions that represents the lay of the land and answers to the next photographic and cultural transitions. 

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Paris, 16 October 2014

Francesco Acerbis e Irene Pancaldi

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